A qualcuno piace caldo (1959)

Solo il genio di Wilder poteva fondere una vicenda drammatica e violenta come il massacro di San Valentino con una commedia scoppiettante e leggerissima, attraverso un impianto narrativo brillante, fondato su equivoci e scambi di persona. Si parte da una premessa tragica che viene diluita man mano che il film procede, fin quasi a scomparire, per lasciare spazio a situazioni di una comicità irresistibile e finire poi nella commedia romantica. Il tutto retto e supportato magnificamente da tre interpreti che danno il meglio di sé per rendere credibile una storia ben poco plausibile.

La vicenda parte da due squattrinati musicisti jazz che assistono per caso al massacro di San Valentino a Chicago, e per nascondersi dai gangster che vogliono eliminare i testimoni dell’eccidio, si infiltrano in una band di sole ragazze, facendosi passare per donne. Il travestimento funziona, ma trovarsi in mezzo a tante belle ragazze e dimenticare di essere uomini non sarà facile: uno di loro si innamorerà di una collega, e l’altro attirerà l’interesse di un miliardario in cerca di moglie. Come nella maggior parte delle commedie brillanti di quegli anni, ma in fondo anche di adesso, bisogna saper distogliere lo sguardo dai dettagli per godersi il divertimento senza farsi troppe domande.

È chiaro fin dall’inizio che l’intenzione del film non è rendersi credibile: non è possibile pensare che Jack Lemmon e Tony Curtis possano passare per donne semplicemente mettendo un po’ di trucco, e un paio di abiti da vecchia zia. Di certo non erano effemminati e neppure minimamente aggraziati, e il falsetto con cui parlano non cerca nemmeno di assomigliare a una voce femminile. Ma tutto questo non è un problema, anzi, semmai è un elemento in più di comicità. Basta pensare a Mrs. Doubtfire: penso che nessuno abbia mai creduto che Robin Williams sembrasse davvero una donna, e tanto meno che moglie e figli non lo riconoscessero. In entrambi i film i travestimenti non devono essere realistici, ma sono più uno scherzo, una trovata per rendere ancora più divertenti i protagonisti e le situazioni. E una volta che il resto del cast accetta l’inganno, diventa accettabile anche per il pubblico.

La cosa più importante, quella su cui è costruita un po’ tutta la sceneggiatura, è lo scambio di ruoli tra uomini e donne, il fatto di mettersi nei panni dell’altro, e giocare su cliché, doppi sensi e luoghi comuni, quelli che oggi chiamiamo stereotipi di genere, e che mettono in risalto l’eterna difficoltà di comprensione e di comunicazione tra uomo e donna.  Sebbene Marilyn sia considerata la star principale del film, e di certo è la maggiore attrattiva, in realtà ha molto meno tempo sullo schermo rispetto alla coppia Curtis e Lemmon, che sono i veri protagonisti. Il duo è di gran lunga la più grande fonte di comicità dell’intero film perché le loro performance e le situazioni assurde in cui si vengono a trovare sono a dir poco folli.

Marilyn ha un ruolo importante perché, senza volere, è uno dei maggiori ostacoli ai loro piani, e il suo personaggio è una ragazza ingenua e non molto sveglia che sembra non accorgersi di quello che succede proprio sotto i propri occhi. Questo naturalmente non fa che aumentare la comicità delle situazioni. Nonostante il film inizi in maniera drammatica, diventa ben presto più leggero, grazie a battute che si susseguono rapidamente senza che appaiano pretenziose, e quando più avanti nella narrazione ci sono sequenze molto serie, degne di un noir, si inseriscono perfettamente nell’insieme, senza minimamente intaccare l’atmosfera leggera del film. Questo sapiente accostamento di generi diversi, che si intersecano alla perfezione, è una caratteristica tipica di Wilder, che ne conferma il talento unico per la cura dei dettagli.

Naturalmente molto dipende anche da Lemmon e Curtis che stanno al gioco, abbracciando il ridicolo senza paura di sentirsi in imbarazzo. È divertente vedere le due donne completamente diverse interpretate dai due attori. Curtis mantiene un aspetto dignitoso e sobrio, senza dimenticare la propria mascolinità pur nascondendola, mentre Lemmon abbraccia pienamente il suo ruolo femminile, e non solo si inserisce subito nel gruppo delle ragazze, ma la cosa gli piace molto. Ad un certo punto, in un momento tra i più comici, si rende conto di come le donne vengono trattate dal genere maschile. Quando si lamenta con Joe di essere stato appena pizzicato sul sedere da un vecchio maleducato, Joe gli risponde che una donna in gonna per un uomo è come un drappo rosso davanti a un toro.

Per noi non è facile capire cosa potesse significare per un attore, in quegli anni, mettersi in abiti femminili, ma per comprendere almeno in parte la situazione, basti pensare che la League of Decency, un organizzazione d’ispirazione cattolica che indicava quali film dovessero essere boicottati per contrarietà alla morale, condannò il film per aver rappresentato un’eccessiva violenza e promosso il travestitismo e l’omosessualità. Wilder convinse la United Artists a far uscire il film senza divieti, nonostante i tentativi di censura da parte delle autorità ecclesiastiche, e questo segnò l’inizio di un periodo spartiacque che portò poi all’abolizione del tanto temuto Codice Hays.

Del resto il film è pieno di battute e allusioni sessuali, oltre a doppi sensi distribuiti nei dialoghi in modo casuale, tanto che bisogna fare attenzione per non farseli sfuggire. E quello che aggiunge una marcia in più alla comicità dello scambio uomo-donna, è che i due protagonisti commentano continuamente quello che succede, e lo fanno come donne, quando sono in pubblico, e come uomini quando sono da soli. Oltre a questo, al personaggio di Jerry, interpretato da Lemmon che è il vero comico della coppia, sono riservati commenti spassosissimi che l’attore inserisce qua e là nelle situazioni più stuzzicanti. Curtis invece ci delizia con una simpatica parodia di Cary Grant quando si finge un ricco miliardario per conquistare Zucchero.

Marilyn, nei panni di Zucchero, offre una combinazione unica di innocenza e sensualità: dolcissima e disarmante quando è con Joe e Jerry, ed estremamente provocante quando canta in abiti semitrasparenti che esaltano le sue curve sotto la luce dei riflettori. Anche se alla fine è Lemmon a rubare la scena nella sua esuberante interpretazione di Daphne.
Nel complesso il film è un classico irresistibile, frutto di una sceneggiatura di qualità e di una regia attenta ai dettagli, una commedia che a dispetto degli anni riesce ad essere ancora frizzante. E anche se nessuno è perfetto, questa pellicola ci va molto vicino.

26 pensieri riguardo “A qualcuno piace caldo (1959)

  1. Avevo la VHS, che era allegata inissolubilmente ad una pubblicazione cartacea in edicola. È dagli anni ’90 che non vedo questo film, ma rimane impresso, soprattutto per i temi trattati, che, contestualizzati all’epoca di uscita, era una gran cosa. E se un film crea scandalo presso associazioni e codici bigotti, allora è un buon film ^_^

    Piace a 2 people

      1. Su quello non c’è alcun dubbio. Non era l’unica, ma era una delle poche che dava l’impressione di non ostentare e di impegnarsi anche nella recitazione per evitare di essere considerata solo una bella stupedella

        Piace a 1 persona

  2. un cultone con una frase finale ICONICA

    ho letto in giro che il bianco e nero fu deciso per rendere più credibili i due protagonisti col trucco addosso, e Marilyn Monroe dovette essere convinta perke lei di contratto recitava sempre a colori (stava meglio a colori, secondo lei)

    Piace a 1 persona

Lascia un commento